giovedì, ottobre 9

La cognizione del dolore

Davanti alla malattia, alla morte, e in senso più generico al dolore umano, non si trova chi resti indifferente, chi non avverta anche solo un poco di tristezza, o chi non bestemmi, perlomeno.
Più frequentemente ci si imbatte in chi ha una reazione solidaristica, d'una solidarietà però a tratti meccanica, quasi indotta dall'ambiente. Come ci fossero sentimenti convenzionati per certi tipi di circostanze. Quasi desse scandalo non sostenere la ricerca contro il cancro, per la quale però si mette mano al portafoglio con la stessa partecipazione umana con cui si finanziano i progetti per salvare la foresta equatoriale, o per i più sensibili si adotta un cane abbandonato - e infatti poi gli uomini veri li lasciano morire di fame e di sete, "per pietà".
La compassione ha lasciato il posto al filantropismo, la commozione è scambiata con la lacrima di rito. Perché il cuore può scomparire anche sotto ai buoni sentimenti e alle buone maniere di una vita in cui noi - noi! - in fondo non ci siamo mai.
Ma c'è anche chi invece il dolore lo sa guardare in faccia, al male gli sa dare un nome, della speranza conosce le ragioni.

Due concezioni e due articoli:
"Lo stadio pieno per Borgonovo". (da Corriere.it)
"Ecco il mio piccolo Gesù deforme" (da Tempi.it)

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