Mentre alziamo le braccia insieme a Mastrogiacomo - ci è sempre stato simpatico, abbiamo fin da subito sperato con lui, forse anche per quel suo cognome così italiano - ci poniamo alcune domande, che Ferrara suggerisce sul Foglio:
«Ma non ci vorrebbe un po' più di sobrietà, e magari qualche visibile segno di imbarazzo, di fronte allo scioglimento di una tragedia che non è un happy end? Non si dovrebbe evitare di fare i complimenti, come Bertinotti, alla "diplomazia dei movimenti"? Non si dovrebbe distinguere tra operatori umanitari neutrali e ambasciatori dichiarati dei talebani presso la Repubblica italiana, come Gino Strada?»
L'intero articolo, editoriale di martedì 20, dal titolo «Grand Hotel & d'Italie», è disponibile qui.
mercoledì, marzo 21
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2 commenti:
Tra l'altro c'è una questione che mi gira per la testa questi giorni: perchè i poveri operai prigionieri in Nigeria non se li è filati quasi nessuno (nessuna manifestazione di piazza, gini strada che "mediano", prime pagine di giornali ed edizioni straordinarie di Tg), metre giornalistie operatori di onlus "politicamente corrette" mettono in ansia e fibrillazione tutto il paese?
Ciao
Corrado
Hai ragione. Sembra che alcuni ostaggi abbiano più valore di altri. La stessa morte dell'autista afghano, decapitato davanti agli occhi di Mastrogiacomo, non ha meritato alcuna attenzione agli occhi dei media. Per non parlare di Fabrizio Quattrocchi, vittima in qualche modo rinnegata da alcuni politici per il suo patriottismo che in Italia non è permesso.
Così certo umanitarismo e pacifismo segue regole che non sono solo quelle della solidarietà umana, come si cerca di far credere. Basti pensare a Gino strada, secondo il quale il genocidio del Darfur "non è un genocidio ma solo un conflitto a bassa intensità". Sono domande che rimangono aperte, offuscate dai festeggiamenti - in sè legittimi - che hanno accolto il ritorno di Daniele in Italia.
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