Oggi è stato il turno di Cicciobello Rutelli alla scuola di politica voluta e organizzata da Roberto Formigoni a Milano. Il tema: la bioetica.
A colloquio con il vice presidente del Consiglio (lo abbiamo capito anche dalla scorta) e leader della Margherita, don Roberto Colombo, professore incaricato di Bioetica alla Pontificia Università Lateranense.
Apre l'incontro proprio don Colombo, che fissa subito i termini della discussione, affermando che la vita dell’uomo è sempre un bene; che è un bene personale e un bene sociale; che nessuna libertà può affermarsi a prescindere da essa; che la cura della vita è la misura del valore di ogni azione personale e sociale; che la libertà di ricerca scientifica non è assoluta; che dunque compito della politica è promuovere la ricerca scientifica nella misura in cui rispetti e serva la vita.
Del discorso di Colombo ci colpisce il metodo: a dispetto dell'abito talare che indossa, il sacerdote sostiene infatti le sue argomentazioni con evidenti passaggi di ragione, e non con credenze spirituali e religiose.
Metodo, ma anche contenuto:
«Parlo di bene e non di valore. Il bene è un’evidenza originale della ragione e del cuore dell’uomo. Mentre il valore fa riferimento a una scala, a una relatività».
Oppure:
«La libertà di ricerca non è una libertà privilegiata rispetto alle altre. Molti ricercatori rivendicano una assoluta libertà di ricerca nel campo della vita. Ma queste stesse persone, in altri ambiti, pongono invece dei limiti: cosa significherebbe per esempio una assoluta libertà di ricerca sulle armi di distruzione di massa?».
E ancora:
«In alcuni casi il metodo di ricerca nega lo scopo. Se lo scopo è il bene dell'umanità, anche la distruzione di un solo uomo tradisce questo bene. Scopo e metodo devono essere congruenti».
L'intervento di Rutelli, pensato come risposta personale e documentata ai quesiti all'ordine del giorno, è anch'esso convincente. Il politico cattolico, di cui ricordiamo tra l'altro un bel discorso in occasione del referendum sulla fecondazione assistita, alla domanda se la vita sia sempre un bene, risponde che «dobbiamo andare al fondo di noi stessi, dove troviamo un fortissimo desiderio di verità e di bene. Questi fondano la persona umana, anche quando il nostro agire li contraddice. La persona avverte di possedere un senso e un destino in se stessa, e questo ci porta a porci la domanda su un’entità più grande. Dunque è giusto dire che la vita sia un bene in sé, anche in un’ottica del tutto laica».
Secondo Rutelli, che osserva come oggi si sia diffusa l’idea secondo cui la qualità della vita conta più della vita, già «nell’art. 2 della Costituzione c’è la definitiva sconfitta di ogni dittatura, e l’innalzamento della persona a pietra angolare della società». E' dunque necessario che anche la ricerca si accordi con gli altri principi costituzionali.
Non manca un'acuta indicazione di metodo a chi, della ricerca, è protagonista: «Coltivare i valori della comunità scientifica non esonera lo scienziato dal rispondere ai doveri della comunità degli uomini, semmai ne esalta la responsabilità».
Sul finire il buon Rutelli - verso cui non nascondiamo una certa simpatia e talvolta una consonanza di vedute - difende la legittimità della Chiesa, componente importante, con la sua millenaria tradizione, della società civile, di intervenire nel dibattito politico.
Poi chiude alla sua maniera. La maniera del politico ex diccì e ora teo-dem. La maniera un po' da paraculo, molto politicamente corretta, molto di sinistra, per cui «Nessuna delle nostre risposte potrà avere carattere definitivo. Non c’è un giudice supremo: c’è il dialogo, l’ascolto, la discussione. Questa scuola ne è un esempio».
Bravo lo stesso, buona la prima.
A colloquio con il vice presidente del Consiglio (lo abbiamo capito anche dalla scorta) e leader della Margherita, don Roberto Colombo, professore incaricato di Bioetica alla Pontificia Università Lateranense.
Apre l'incontro proprio don Colombo, che fissa subito i termini della discussione, affermando che la vita dell’uomo è sempre un bene; che è un bene personale e un bene sociale; che nessuna libertà può affermarsi a prescindere da essa; che la cura della vita è la misura del valore di ogni azione personale e sociale; che la libertà di ricerca scientifica non è assoluta; che dunque compito della politica è promuovere la ricerca scientifica nella misura in cui rispetti e serva la vita.
Del discorso di Colombo ci colpisce il metodo: a dispetto dell'abito talare che indossa, il sacerdote sostiene infatti le sue argomentazioni con evidenti passaggi di ragione, e non con credenze spirituali e religiose.
Metodo, ma anche contenuto:
«Parlo di bene e non di valore. Il bene è un’evidenza originale della ragione e del cuore dell’uomo. Mentre il valore fa riferimento a una scala, a una relatività».
Oppure:
«La libertà di ricerca non è una libertà privilegiata rispetto alle altre. Molti ricercatori rivendicano una assoluta libertà di ricerca nel campo della vita. Ma queste stesse persone, in altri ambiti, pongono invece dei limiti: cosa significherebbe per esempio una assoluta libertà di ricerca sulle armi di distruzione di massa?».
E ancora:
«In alcuni casi il metodo di ricerca nega lo scopo. Se lo scopo è il bene dell'umanità, anche la distruzione di un solo uomo tradisce questo bene. Scopo e metodo devono essere congruenti».
L'intervento di Rutelli, pensato come risposta personale e documentata ai quesiti all'ordine del giorno, è anch'esso convincente. Il politico cattolico, di cui ricordiamo tra l'altro un bel discorso in occasione del referendum sulla fecondazione assistita, alla domanda se la vita sia sempre un bene, risponde che «dobbiamo andare al fondo di noi stessi, dove troviamo un fortissimo desiderio di verità e di bene. Questi fondano la persona umana, anche quando il nostro agire li contraddice. La persona avverte di possedere un senso e un destino in se stessa, e questo ci porta a porci la domanda su un’entità più grande. Dunque è giusto dire che la vita sia un bene in sé, anche in un’ottica del tutto laica».
Secondo Rutelli, che osserva come oggi si sia diffusa l’idea secondo cui la qualità della vita conta più della vita, già «nell’art. 2 della Costituzione c’è la definitiva sconfitta di ogni dittatura, e l’innalzamento della persona a pietra angolare della società». E' dunque necessario che anche la ricerca si accordi con gli altri principi costituzionali.
Non manca un'acuta indicazione di metodo a chi, della ricerca, è protagonista: «Coltivare i valori della comunità scientifica non esonera lo scienziato dal rispondere ai doveri della comunità degli uomini, semmai ne esalta la responsabilità».
Sul finire il buon Rutelli - verso cui non nascondiamo una certa simpatia e talvolta una consonanza di vedute - difende la legittimità della Chiesa, componente importante, con la sua millenaria tradizione, della società civile, di intervenire nel dibattito politico.
Poi chiude alla sua maniera. La maniera del politico ex diccì e ora teo-dem. La maniera un po' da paraculo, molto politicamente corretta, molto di sinistra, per cui «Nessuna delle nostre risposte potrà avere carattere definitivo. Non c’è un giudice supremo: c’è il dialogo, l’ascolto, la discussione. Questa scuola ne è un esempio».
Bravo lo stesso, buona la prima.
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