Con ancora in testa le parole di Scola, che qui sotto sì è cercato di fissare almeno sommariamente, raggiungiamo con alcuni amici economisti della Cattolica (cioè che studiano economia), più uno scienziato politico (il numero uno del direttore di Tempi) il quartier generale milanese di Maurizio Lupi a Milano, alla fiera vecchia.
Ci accolgono in una stanza con una tavolata che, alla faccia del venerdì di Quaresima, è tutta imbandita di panini con ogni tipo di salume, e visto che non si butta niente, ci tocca mangiare, e addio magro, e addio digiuno.
Lupi arriva a minuti, e dopo un giro veloce per conoscere i nuovi, la discussione entra nel vivo. Tema: le elezioni universitarie. Di che si tratta, perché impegnarsi, perché candidarsi. Per il desiderio di essere protagonisti del luogo in cui si vive e per la necessità di difendere e sostenere un certo modo di pensare l'università e lo studio.
Il "capo" - così tutti chiamano Lupi e così gli piace sentirsi chiamare - parla di sè, di quando era lui al nostro posto, prima nei consigli di facoltà e poi al consiglio comunale, su su fino al Parlamento italiano. Tutto il contrario di una riunione di partito, ma un confronto di esperienze, l'aiuto di chi è più avanti di noi.
Tra gli insulti del "capo" a Costola (in un altro modo, capo pure lui) e gli sfottò a Banni, il pranzo volge al termine. C'è tempo per alcune indiscrezioni su vallettopoli, e per le domande di Masche su Berlusconi e il Milan.
Poi ci salutiamo, ognuno al suo lavoro: chi in parlamento, chi in università a studiare.
A ricordare l'orizzonte del nostro impegno politico ci lasciano alcune fotocopie: sopra c'è il testo dello storico intervento di don Giussani ad Assago nel 1987 ("Senso religioso, opere, politica"). Da mandare a memoria.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento