Quando lasciamo il Sacro Monte di Varallo, abbiamo ancora negli occhi la tenerezza dell'Annunciazione, il calore della grotta della Natività, la grandiosa immagine della Crocifissione, oltre ai volti degli amici che per una volta hanno ammirato con noi l'amato teatro montano.
Ma separarsi dalle cose belle per tornare a casa costa sempre qualche fatica, così torniamo subito da lui, il "dolcissimo Gaudenzio". Prima giù a valle, proprio ai piedi del super parietem, in Santa Maria delle Grazie, chiesone di paese coi muri larghi, il tetto a capanna, e quel preziosissimo tramezzo in cui Ferrari fa le prove generali per il Sacro Monte. Poi, più avanti, a Roccapietra, alle porte di Varallo: qui, tra le curve che ci accompagnano giù fino a Quarona, ogni volta ci sorprende il Santuario della Madonna di Loreto, che appare come un miracolo tra i boschi e i monti della Valsesia. In fondo, se il cielo è chiaro e lo permette, la cima del Rosa.
Chi potrebbe contrastare l'emozione di questa Cappella, la cui somma di bellezze ricorda, più d'ogni altra cosa, l'alito, la carne e l'anima stessa della giovinezza? E chi disgiungere ciò che il grande Gaudenzio v'ha lasciato da quel che intorno vi han creato, a vicenda, il tempo, la natura e la storia?
(Giovanni Testori)
L'eleganza e l'armonia di quest'architettura in tutto e per tutto rinascimentale, a prima vista colpiscono e alla lunga innamorano, così che alla mente richiamano, per chissà quale processo d'immaginazione, quell'altro capolavoro, praticamente coevo, di questi primi e fecondi anni del '500, il San Pietro in Montorio di Bramante a Roma.
La stessa leggerezza nell'esile loggiato gaudenziano e nel misurato colonnato bramentesco; la stessa preziosità nella trabeazione decorata del tempietto romano e negli affreschi della cappella di montagna; la stessa sensazione di non poter aggiungere nulla e nulla levare nell'una e nell'altra architettura; lo stesso esatto rapporto tra le parti nelle misure impeccabili dei disegni di Bramante e in quelle prese da Gaudenzio, forse direttamente sul cantiere, di questo prodigio del rinascimento valligiano.
Così Roma e Varallo si toccano, in un istante, per poi lasciarsi subito separare: espressione di una storia dell'arte dai canoni consolidati, l'una; di una storia dell'arte alternativa alla prospettiva toscanocentrica, l'altra. Sommo esempio dell'oratoria romana, la prima; eccezionale racconto in dialetto lombardo, la seconda.
Eppure entrambe nascono da una consentaneità reale: Gaudenzio dà una forma alle verità che l’Italia del nord scopre all’interno dell’arte italiana e, cambiato di segno rispetto a Bramante, diviene polo imprescindibile di questa grande storia dell'architettura rinascimentale italiana.
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