«Chilometri di cemento e spazzatura annunciano il quartiere di Pianura: abusive le case, abusivi i negozi, abusivo il lavoro, abusiva la caserma dei carabinieri, abusiva persino la cappella di Lourdes. (...)
Pianura è un monumento al cemento e alla spazzatura, una sospensione a divinis di leggi, decreti e regolamenti, una malattia contagiosa cominciata nella seconda metà degli anni 70, quando i napoletani cercavano appartamenti che potessero certificare la fine di un'esistenza grama. (...)
Come da sempre si fa a meno di un cinema, di un campo di pallacanestro, di un consultorio, di una biblioteca o di una rivendita di libri. I ragazzi e le ragazze portano a spasso jeans e gli occhiali griffati facendo lo slalom tra la spazzatura. Qualcuno si tappa il naso e la bocca, altri ostentano indifferenza».
Leggi qui l'intero articolo, il ritratto - impietoso, vorrei dire giustamente impietoso - di Pianura e dei suoi abitanti, pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore a firma di Mariano Maugeri. Perché le colpe saranno pure delle istituzioni, dei politici, dello Stato che ancora una volta ha perso la sua battaglia contro la camorra, ma la gente, il popolo, dov'è? Dov'era quando la sua terra veniva rovinata, derubata, inquinata, corrotta?
Le immagini di Napoli sono il segno della vergogna, non già perché testimoniano l'incapacità della politica di dare risposte serie e tempestive, non solo per il declino economico di una terra ormai in ginocchio che chiede disperato aiuto e intanto dilapida le proprie risorse, non appena perché le condizioni minime di una convivenza civile non sono più garantite. Ma perché queste immagini segnano la tragica, seppur non definitiva - voglio credere - scomparsa del popolo, quella parola che significa tutto ciò che nell’uomo è genuino, profondo, sostanziale. Quella parte di umanità ancora profondamente radicata nelle sue tradizioni, vigorosamente attaccata alla sua terra, con la quale è cresciuto e sulla quale cammina, lavora, e dalla quale trae le sue possibilità di vita.
I bambini di oggi forse domani cambieranno qualcosa. Forse racchiudono una speranza. Ma un popolo non nasce da solo, così, naturalmente. Non cresce senza cura, nell'indifferenza, nel disimpegno. Va accompagnato, sostenuto, educato.
Guardo le immagini del devasto e mi chiedo: chi si assumerà questa responsabilità? Chi avrà il coraggio di adempiere un tale compito? Chi ha ancora una tale passione per sé e, dunque, per gli altri?
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