domenica, novembre 11

Sulla moschiesa e sui preti

Posto che una Nota della Cei pubblicata nel 1993, al paragrafo 34, dice:
«Le comunità cristiane, per evitare inutili fraintendimenti e confusioni pericolose, non devono mettere a disposizione, per incontri religiosi di fedi non cristiane, chiese, cappelle e locali riservati al culto cattolico, come pure ambienti destinati alle attività parrocchiali».
E lo stesso documento prosegue così:
«In diversi paesi islamici è quasi impossibile aderire e praticare liberamente il cristianesimo».
Che, per il vescovo emerito di Como Alessandro Maggiolini, significa:
«Se si tratta di dare un pasto caldo, di organizzare una raccolta di aiuti, ve bene, ma non tocca a noi dare i locali per la preghiera».
Don Aldo Danieli della parrocchia di santa Maria Assunta a Paderno di Ponzano Veneto, ha un bel dire:
«È inutile parlare tanto di dialogo se poi gli sbattiamo la porta in faccia».

E poi, dopo il no categorico del vescovo della diocesi di Treviso, monsignor Andrea Bruno Mazzoccato, ripete che «per me era come fare la carità».
Ma non sa don Aldo che la carità più grande è annunciare a tutti il fatto di Cristo?
Non ha ascoltato il cardinale Biffi quando ha detto che «Noi non possiamo rimanere quieti fino a che ogni uomo non venga illuminato e non entri in comunione consapevole col suo Salvatore. Noi siamo chiamati a portare Dio a tutti: agli ebrei, ai musulmani, ai nuovi pagani»?
Che la Chiesa vada avanti da duemila anni nonostante certi preti, è forse il miracolo più grande che anche questa storia ci insegna.

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