Forse, davanti a questi eventi, di vero esistono solo il silenzio e la pagina bianca. Il silenzio che guarda gli abissi del nostro povero disastro e china la fronte. Esistono, di certo, la pietà e la compassione: per Eluana, per i parenti, per i paesi, per noi.
Lei non parla, non sente, mangia e beve da una cannuccia – finché gliene daranno – e, forse, non è cosciente, nessuno lo sa.
Eppure, c’è.
Si sveglia con l’alba, si addormenta con la sera, apre gli occhi e guarda il mondo, un piccolo angolo di mondo. Riceve l'amore di chi l'accudisce.
Insomma, vive.
E chi può dare a questa parola una connotazione di indegnità?
Lo scandalo è perché c’è.
Contro e nonostante ogni nostra previsione, contro e nonostante ogni circostanza avversa, lei c’è.
E il suo esserci si chiama vita o anche speranza, che poi è lo stesso. La pur difficile, a volte insostenibile speranza che porta con sé.
E cosa innerva, cosa spinge e tende la vita dell’uomo se non la speranza?
«Com’è possibile, che anche quando uno è disperato, ed a me capita, non colga questo fffiuuu, questo fiato che tiene a galla tutto?» (G. Testori).
La ragione per cui tanti la vogliono levare dalla vista, togliere di mezzo come pietra di scandalo, sta qui.
Perché lei è testimonianza umile e intoccabile della maestà della vita sulla morte, del bene sul male, del mistero sulle nostre spiegazioni del mondo.
C’è un mistero, in noi; c’è il sigillo di un’origine, di una nascita che non appartiene alla storia e che la storia non è riuscita e non riuscirà mai ad esaurire.
«La grande battaglia dei nostri giorni è solo in apparenza una battaglia tra opposte ideologie; solo in apparenza è una battaglia di classi; in verità è la battaglia tra il sacro segno di Dio che vive nell’uomo, tra il suo essere umile e suprema maestà creativa perché creata, e l’imitazione o la sostituzione che di quell’uomo, di quella maestà, il meccanismo, che sempre più tenta d’essere unico e totale, cerca e cercherà di compiere».
Non ucciderete la maestà dell’uomo, non ci toglierete la speranza.
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