"Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente. Con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e, quindi, all'assistenza sanitaria".
Che frasi di una ragionevolezza inattaccabile come queste (tratte da un documento congiunto firmato dai direttori delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia di tutte e quattro le facoltà di Medicina delle università romane) siano motivo di scandalo e di inutili alzate di scudi da parte dei difensori della 194 a ogni costo - anche 30 anni dopo, anche se la scienza è cambiata e dice cose nuove, diverse, su quella vita che ancora si ostinano a non chiamare vita - è la vera contraddizione di questa nuova battaglia che ci aspetta. Una battaglia senza regole che dovrebbe però fissarne almeno una: aprire gli occhi, sostenere lo sguardo della realtà senza abbassare il proprio, insomma riconoscere quel che c'è, prima e aldilà dei nostri diritti e desideri, di cui abbiamo finito per diventare schiavi.
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