domenica, settembre 7

"La Chiesa e i precetti dei teocon", Ezio Mauro su Rep.

«È probabilmente giunto il momento di dire che il grande ritorno della religione nel discorso pubblico e nello spazio politico (che fa parlare di una nuova stagione di post-secolarismo) non è avvenuto in Italia attraverso il "fatto" cristiano, e cioè il messaggio della rivelazione e del Credo, ma attraverso la precettistica e la dottrina sociale: nel presupposto che coincidano entrambe da un lato con la Verità (e dunque siano in grado di liberare potenziali di significato più profondi e duraturi delle verità laiche, tutte relative) e dall'altro con il diritto naturale, perché la Chiesa ha sempre sostenuto la sua competenza su tutta la legge morale, non solo quella evangelica ma anche quella naturale, in nome della connessione tra l'ordine della Creazione e l'ordine della Redenzione
(...)
Questa ideologizzazione morale del cristianesimo, dove la norma e il precetto parlano più del Credo e del Vangelo, ha recintato negli anni di potere del Cardinal Ruini un perimetro nuovo e vasto, inglobando gli atei devoti e la nuova destra paganizzante italiana: a cui la Chiesa ha fornito un deposito di tradizione profonda altrimenti inesistente e addirittura un fondamento di pensiero forte che la prassi vagamente idolatra del berlusconismo non era in grado di elaborare.
(...)
Oggi, in qualche modo, si rompono due anelli di questo mondo che tiene insieme vecchio e nuovo. Con Ruini è finita anche l'autonomia del ruinismo, questo potere disarmato ma costituente e fondativo di un'identità cristiano-conservatrice nazionale. Non soltanto la Cei ha cambiato il suo registro, insieme con la leadership. Ma soprattutto, la Segreteria di Stato ha ripreso in mano il rapporto con le istituzioni e con la politica italiana, restituendo l'Episcopato al suo compito tradizionale (...)».

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Parole grosse, bisogna ammetterlo. E non poco condivisibili. Si tratta di rispondervi, di contraddirle, se ci si riesce, o di sostenerle, almeno in parte. Su una cosa, per cominciare, Mauro può star tranquillo. Quando, come lui aspica, la Chiesa si dedicherà esclusivamente al "fatto cristiano", e cioè alla rivelazione e all' "ontologia" - come la chiama - il giudizio morale e politico sull'etica e sulla società ne risulterà ulteriormente approfondito, ancora più forte, più creativo e originale di quanto non fosse prima. Non si illuda, insomma, che tornare a occuparsi delle "cose di chiesa" significhi per la chiesa abdicare dalla responsabilità di distinguere il vero dal falso, l'umano dall'inumano. Che la fede, insomma, continui a informare la vita, a proclamare la verità unica e tutte le verità particolari in essa comprese, di questo Ezio Mauro può stare certo.

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