Questi sono alcuni brani del diario che Karl Unterkircher ha scritto per il suo sito fino al momento della sua scomparsa.
18 giugno. Da qualche giorno ormai siamo al campo base che si trova fra due lingue glaciali a circa 4000 metri. Un campo base semplice da raggiungere. L'abbiamo raggiunto dopo 2 giornate di viaggio. Il primo giorno su un fuoristrada molto esposto e pericoloso, raggiungendo così Jail.
28 giugno. Riesco subito ad addormentarmi e a sognare... dopo un po' mi sveglio, sento che il vento si alza e fissando la mia lampada frontale torno alla realtà! Siamo qui per una "missione"... quella parete... quel seracco a metà parete... non mi esce dalla testa. Ci vorranno sicuramente 10-12 ore per salire il seracco, mi chiedo se saranno ore inutili, ore che ci impediranno la salita? Cerco di riaddormentarmi, ma la mia mente è confusa da tante domande. La probabilità che il seracco piombi giù in quelle ore, è minima. Di certo non è una roulette russa. Però, mai dire mai! Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c'è la vita. Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio, e se ci chiama... dobbiamo andare. Sono cosciente che l'opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: "Cosa sono andati a cercare là? Ma chi glielo ha fatto fare?". Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama!
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2 commenti:
Mica scemo. Ora però ha anche la chiave.
Un po' come per la storia raccontata nel film "Into the wild" le ultime parole spiegano una ricerca e una fine tragica che altrimenti sarebbe insensata.
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