Venerdì 4 aprile, Università Cattolica di Milano, incontro sulle elezioni presidenziali americane organizzato dalla Fondazione Europa Civiltà.
Ospiti, tra gli altri, Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali, e Marcello Foa, della redazione esteri del Giornale.
Parsi.
«L’elemento più importante è la necessità degli Usa di restaurare il loro soft power. L’amministrazione Bush ha diminuito la sensazione che gli Usa siano un leader benigno.
A noi interessa il soft power degli Usa, perché un’America senza soft power sarà più incline a usare l’hard power e a chiudersi su se stessa, a essere meno friendly nei confronti degli alleati.
(...)
In questo senso la vittoria di Obama sarebbe più auspicabile.
La sua vittoria sarebbe più capace di far vedere che l’american dream esiste. Non perché dobbiamo avere il loro stesso sogno, ma perché il loro ci serve per migliorarci.
L’idea di questa società così mobile al suo interno, capace di prendere una persona di colore e portarla alla Casa bianca, è una cosa che a noi europei serve per migliorare noi stessi. Ci serve, insomma, che gli americani ci diano qualche lezione.
Se no ci crogioliamo nei nostri “non ammazziamo nessuno”, “non inquiniamo”, ecc. e rimaniamo sempre uguali.
(...)
Per questo, in quanto europeo, spero tanto che vinca Obama.
Se io fossi americano non voterei mai per la Clinton, neanche sotto tortura. Perché sarei preoccupato da un esito: di avere due famiglie due alla presidenza della politica americana (16 anni i Bush, 16 anni i Clinton)!».
Foa.
«Ma il popolo americano riesce a mostrare il meglio della sua indole nei momenti di difficoltà: gli americani hanno rifiutato le scelte suggerite dai partiti e spinto Obama e Mc Cain (non era il candidato gradito al partito repubblicano, infatti non riceve i finanziamenti dai sostenitori della famiglia Bush o di Giuliani).
(...)
Io mi auguro che vinca Obama, perché sancirebbe questa voglia di riscoprire i valori dell’America che viene dal popolo».
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