lunedì, settembre 17

Chimere, un problema di ragione

Da poco più di una settimana l’organismo di bioetica inglese ha dato il via libera alla sperimentazione scientifica sulle cosiddette “chimere”, frutto della fusione della cellula umana con quella animale. Secondo i ricercatori che stanno lavorando al progetto (e che avevano già ricevuto il beneplacito di Blair), gli “ibridi” garantirebbero un’ampia riserva di cellule staminali, le uniche capaci di rigenerare i tessuti malati.
Il fatto costituisce l’ultimo episodio di una tendenza che in questi anni – basti citare il recente dibattito sulla produzione di embrioni umani a scopo di ricerca – va sempre più affermandosi: il progresso scientifico corre veloce ed esige scelte precise e chiare prese di posizione. Dalle pagine dei giornali, negli ambienti della cultura e della politica, ma anche tra la gente comune sorgono interrogativi attorno ai quali gli intellettuali e l’opinione pubblica si dividono. Quali sono i limiti della ricerca scientifica? È lecito considerare l’uomo un mezzo subordinato a un fine, pur positivo? E, ancor prima di questi, che cosa significa ricercare? Non ci proponiamo qui di rispondere a tutte queste domande, ma cercheremo di indagare che cosa c’è veramente in gioco; di che, ultimamente, si tratta. Di fronte alle nuove frontiere che la scienza scorge all’orizzonte, la complessità della questione sembra infatti spesso ridursi alla contrapposizione tra favorevoli e contrari: progressisti, “al passo coi tempi”, “per la libertà scientifica” gli uni; reazionari, oscurantisti, quando non “medievali” gli altri. C’è, forse, di più. Dietro le due posizioni esistono diverse concezioni di sé e diverse visioni del mondo, che questi termini non servono a descrivere. Non basta, per esempio, rifarsi alla distinzione credenti/non credenti, col Papa e contro il Papa. Tanto è vero che Ratzinger stesso, che ha definito tali pratiche scientifiche “aberranti e contrarie alla dignità umana”, ha sempre cercato di mettere in luce la ragionevolezza della sua posizione. È dunque proprio un problema di ragione quello di cui stiamo parlando. Da una parte essa è intesa come strumento di manipolazione di una realtà di cui ci si pretende padroni; dall’altro come possibilità di conoscenza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori. Posizione, quest’ultima, che presuppone il riconoscimento del mondo come dato, e non come creazione dell’uomo. Lo scienziato che concepisse così l’oggetto della sua ricerca tratta la natura con quel rispetto, quell’attenzione, quella sorta di “collaborazione” che nella storia della scienza hanno portato a tutte le più grandi scoperte. Che fine fa la sua libertà? Si specchia nell’autorità del mondo, nel magistero della realtà. LM

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