sabato, giugno 14

Europa, no grazie

E così l'Irlanda ha detto no al Trattato di Lisbona.


«Perché si è corso il rischio che decisioni fondamentali per la libertà dei cittadini vengano assunte in sede europea da organismi in alcun modo legittimati dalla sovranità popolare».

«In Europa, dopo la fine delle ostilità del maggio 1945, ci è stato concesso un lungo periodo di pace. Ciò è merito della prima generazione di politici del dopoguerra – Churchill, Adenauer, Schumann, De Gasperi –, cattolici che concepivano l’Europa e la sua ricostruzione dopo i disastri del ventesimo secolo, come un progetto di civiltà cristiana. Asse portante di questa politica pacificatrice è stato il legame dell’azione politica con la morale, non in vista di uno stato confessionale, bensì di uno stato plasmato da una ragione etica.
Oggi come allora è di cruciale importanza il rapporto tra fede e ragione e la ricerca del loro giusto rapporto deve collocarsi al cuore del nostro impegno politico.
Senza dubbio infatti i due partner principali della costruzione di una nuova Europa sono la fede cristiana e la razionalità occidentale laica».

«All’Europa è necessario prima di tutto ritornare se stessa, non rinnegare le proprie origini, tenere fede alla propria identità, perché non c’è nessun popolo che pensi che il proprio progresso passi per la dissoluzione di sè».

«C’è un odio di sé dell’Occidente che è qualcosa di patologico: l’Europa non ama più se stessa fino a rinnegare la sua stessa tradizione culturale e religiosa, sotto l’attacco di un nemico interno – il relativismo – e di uno esterno – il fondamentalismo.
Una strada si impone: l’Europa deve ripartire da se stessa, da ciò che l’ha resa grande: un’idea di politica e ragione fondata sui contributi dell’Illuminismo da una parte, dell’umanesimo cristiano dall’altra».

«Ma oggi che la razionalità europea è stata ridotta allo strumentalismo tecnico dello scientismo e all’estetismo superomista, oggi che ogni desiderio pretende di trasformarsi in diritto, oggi che la ricerca stessa della verità è considerata senza senso e la sua affermazione una violenza, restituire la ragione a se stessa, tornare a considerarla in tutta la sua vastità è il compito di buonsenso, di senso comune, di realismo, che si impone ai politici e a tutti i cittadini europei».

(citazioni tratte dalla mia tesi in "Per un bene possibile - Contributi dai Seminari di Cultura e Formazione Politica 2007", ed. Marietti 1820, Milano, maggio 2008)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che senso ha svuotare le Nazioni con un Europa che la gente non sente e non vuole? Vai in giro a chiedere alla gente se si sente Europea o se non si sente piuttosto Italiana, Francese, Tedesca...

LM ha detto...

Non so nemmeno se la gente si senta italiana, in verità. Forse stasera sì, dopo che la nazionale ha passato il turno.
Ad ogni modo un soggetto politico sovranazionale unito su basi solide, che smentisca il comune sentire di un'Europa "gigante economico e nano politico", ci vuole, eccome se ci vuole. Anche se nemmeno un milione di irlandesi sostengono il contrario.